Una riflessione sulla manifestazione della Fiom e il ruolo del PD

Vorrei usare questo spazio per riportarvi lo stralcio di un pensiero indirizzato ad un militante del PD, impegnato attivamente nel Partito e in un sidacato, la CGIL, che ci sollecitava a “sciogliere le ambiguità” in relazione ai rapporti con le organizzazioni sindacali, soprattutto rispetto alla manifestazione FIOM-CGIL di sabato.
Spero possa essere di interesse per una riflessione che, giustamente, sta coinvolgendo tanti in questi giorni.

“Caro C.
mi interessa ragionare con te, con voi del merito delle considerazioni che svolgi.Credo che, seppure con la difficoltà a comunicare (o a farci capire, che è certamente colpa nostra…) e con la complessità che ci deriva dalla cd composizione “plurale” del Partito, il PD abbia chiaramente espresso la sua posizione rispetto alla Manifestazione, sia prima che dopo. La questione dell’autonomia del Partito rispetto ai Sindacati, anche alla CGIL, non ha più a che fare con il superamento del “collateralismo”, ne con il suo opposto, l’unanimismo; ha a che fare con l’esercizio della Democrazia e con i diversi ruoli che, nella società ed in politica, devono esercitare i corpi sociali organizzati ed le rappresentanze politiche incarnate nei partiti. Il PD, il segretario del PD Bersani, ha detto: “la manifestazione è importante, il disagio la rabbia dei lavoratori devono trovare attenzione e ascolto”; Disagio e rabbia che rappresentano plasticamente un conflitto che cresce in assenza, anzi in contrasto evidente, con l’interesse dell’interlocutore fondamentale deputato alla costruzione delle condizioni per trasformare il conflitto in confronto: il Governo.

Il ruolo del PD è quello di portare al Paese, ai cittadini elettori, ai lavoratori e alle lavoratrici, una proposta che compendi difesa dei diritti, promozione delle tutele per chi non ne gode, dentro un modello di sviluppo coerente con le trasformazioni dell’economi a della produzione che riguardano il mondo, in grado di accompagnarle senza detrimento, senza svantaggio proprio per la parte che le deve sostenere, i lavoratori.

Credo che quelle proposte ci siano: le abbiamo discusse a lungo, sono contenute nel Documento sul Lavoro approvato dall’Assemblea del PD dello scorso maggio e inquella di 10 giorni fa, a Varese. Queste proposte sono incardinate in disegni di legge che riguardano la progressione delle tutele per i precari, le misure per sostenere l’occupazione dei giovani e delle donne, la democrazia sindacale e le regole per la rappresentanza, la partecipazione dei lavoratori nell’impresa, la riforma del fisco (identificata dallo slogan 20.20.20) che mira a trasferire il peso fiscale dai redditi da lavoro a quelli da rendita, operando una ridistribuzione della ricchezza nella direzione della giustizia sociale e del valore sociale dei produttori. Potrei continuare: mi fermo qui, invitando a leggere quei documenti, a farne oggetto di dibattito in ogni sede, dentro e soprattutto fuori dal Partito.Voglio, quindi, interpretare la tua richiesta di passare “dalle parole ai fatti”, come la necessità di migliorare, spendendo il massimo delle energie possibili, la comunicazione e la discussione intorno a questi temi.

Non mi sento, invece, di accogliere le accuse di “inaccettabile opportunismo” (più o meno elettorale), “tatticismo”, “inspiegabile equidistanza e neutralità”, ne laddove riferite ai rapporti con le tre principali Organizzazioni Sindacali, ne, più in generale, se riferite al mondo del lavoro, letto come distinto (o contrapposto) ad altri mondi. Rispetto ai Sindacati: non c’è dubbio che il Governo abbia strumentalmente operato per dividere e, altrettanto, non c’è dubbio che il PD abbia lavorato e continui a lavorare, dall’opposizione, per ricomporre l’unità sindacale, consapevole che questo obiettivo è perseguibile solo da una forza progressista come il PD, che ha al centro dei suoi riferimenti i lavoratori. Così credo che non ci sia dubbio sul fatto che il termine “lavoratori” identifichi oggi una pluralità di soggetti, di cui gli operai ( i meccanici e gli altri) sono una parte importante, fondante per la dialettica democratica nel nostro Paese, ma una parte. Il mondo del lavoro è fatto, oggi, di pluralità di modi di produrre e di produttori, è fatto di uomini e di donne con attività, condizioni, orizzonti, destini diversi: nostro compito non è omologarli, non è ricondurli ad un’unicità che non esiste più; nostro compito è capire, interpretare, difendere e promuovere il valore che c’è nel lavoro di tutti e di tutte.

E’ complesso, ma credo che non possiamo, proprio noi, omologarci alla logica della semplificazione, del “semplicismo” che la cultura berlusconiana ci propone: è una logica manichea, la logica del bianco e del nero, degli interessi particolari e contrapposti: noi dobbiamo assumere la logica dell’interesse generale. Dici: “la politica comporta sempre una scelta di campo”; vero! Il campo è quello della democrazia fondata sul lavoro, sulle pari opportunità, sui diritti e sui doveri: per tutti, in tutti i contesti. E il PD ha “preso parte”, la parte dei “diritti progressivi”, dell’evoluzione e della modulazione delle tutele, identificando chiaramente “la parte debole” nel confronto fra lavoratori e committenti. Lo ha fatto facendo scelte autonome rispetto alle OOSS che hanno stabilito accordi col Governo (CISL e UIL), oppure convenendo con queste quando esprimevano obiettivi convergenti con la proposta politica del PD.Due esempi: sul provvedimento noto come “collegato lavoro”, quello che contiene fra l’altro la riforma del processo del lavoro, il PD ha giudicato assolutamente insufficiente l’accordo stipulato da CISL e UIL col Governo sui contenuti della Legge, continuando a sostenerne l’incostituzionalità, la gravità per le violazione di diritti che contiene e per l’incongruenza con i veri problemi del lavoro e, da ultimo, la sostanziale inefficacia di tutto l’impianto; sulla riforma fiscale o sull’introduzione di modelli di partecipazione dei lavoratori ai processi di impresa, il PD ha trovato significative consonanze con proposte avanzate in materia dalla CISL. Il tema non è quindi quello di una presunta equidistanza o dell’incapacità a prender parte: è quello, al contrario, della vicinanza a tutto il mondo del lavoro e della capacità di interpretarne bisogni e potenzialità con una proposta politica convincente. Far conoscere, discutere, convincere sono gli strumenti per radicare il partito nel mondo del lavoro: le ragioni, passate e presenti, di vicinanza ideale, valoriale, perfino affettiva, non possono essere un ostacolo, devono essere un vantaggio. Non facciamoci irretire anche noi dal “divide et impera” che è il paradigma autoritario di questa destra!

Grazie per averci sollecitato…

 

Una mia intervista sulla manifestazione della Fiom e sulla situazione economica su Radio Radicale

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Una Risposta to “Una riflessione sulla manifestazione della Fiom e il ruolo del PD”

  1. Vincenzo Says:

    Poiché gli iscritti sono aderenti di vari sindacati, non solo la CGIL, ma anche CISL e UIL, ho letto su “Europa” che c’è un deliberato del PD che ha deciso la non partecipazione ufficiale del partito, ma solo eventualmente dei singoli esponenti, alle manifestazioni sindacali.
    Direi che non c’è ombra di dubbio con chi l’uomo Pierluigi Bersani, col cuore e l’intelletto, stia, ma il segretario di un partito ha la necessità di rappresentare tutte le sensibilità, soprattutto in un partito come il PD variegato e non troppo solido.
    Io voto sinistra da 42 anni; negli anni ’70, a Milano, ho sempre partecipato agli scioperi, in un’azienda parafascista, pagando qualche prezzo. Conosco bene, per averla vista purtroppo concretamente sul campo, la contrapposizione approccio ideologico-approccio pragmatico (come dire? migliorista alla Giorgio Amendola).
    Rammento come se fosse ieri l’impressione negativa che ebbi nell’ascoltare per la prima volta il sindacalista Fausto Bertinotti in un’intervista tv. Trovo pertanto francamente insopportabile – sulla base dei risultati concreti: i salari italiani tra i più bassi d’Europa, e non da ora – che l’intelligentone Fausto Bertinotti, ex sindacalista, adesso s’impanchi a censore del PD. Bisogna evitare assolutamente di ripetere l’errore di fare troppa ideologia e pochi fatti.
    Ha ragione Rita Ghedini, bisogna tener conto e tutelare tutti i soggetti del lavoro, ed avere la barra dritta verso la meta di una maggiore giustizia sociale; in un’età, quella attuale, dell’oro solo per pochi, se è vero come è vero che secondo l’ONU il 10% della popolazione adulta possiede l’85% della ricchezza mondiale; che secondo Bankitalia il 10% della popolazione italiana detiene il 45% della ricchezza nazionale; che il PIL mondiale, nel 2009, ha registrato un decremento pari al –1,3% e la ricchezza dei ricchissimi, invece, secondo “Forbes”, un incremento pari a ben 1.200 miliardi $ (3.600 – 2.400, + 50%): (questi 1.200 miliardi a chi li avranno presi?); e, infine, che il PIL italiano, sempre nel 2009, ha accusato un calo del -5,1%, mentre Berlusconi ha incrementato la sua ricchezza di 2,5 miliardi (9 – 6,5): a quali e quanti Italiani li avrà presi?
    La proposta del PD di riforma delle aliquote fiscali 20-20-20% è solo un timido passo verso una maggiore giustizia sociale. Occorrerà avere più coraggio (evitando di dirlo in campagna elettorale, come fece l’intelligentone Bertinotti) e por mano anche, ad esempio, alla riforma della manovra correttiva 2010, che fa pagare ai poveri (precari e pensionandi inattivi, inclusi quasi tutti quelli in mobilità) e risparmia i ricchi: ecco un modo emblematico, spudorato, scandaloso e del tutto legale di impoverire i poveri ed arricchire (almeno in termini relativi) i ricchi.

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